Giovedi, 25 aprile 2024 - ORE:23:33

Come è audace questa Anna Karenina!

Anna Karenina

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Anna Karenina: Il film non tradisce le aspettative

Quando si va a vedere l’adattamento cinematografico di un grande classico c’è sempre il rischio, per il fedele lettore, di uscire dal cinema esclamando: “Il libro era molto meglio!” 
Tanto più se si va a scomodare un gigante della letteratura come Lev Tolstoj e si cerca di concentrare in centotrenta minuti di pellicola quello che il Times nel 2007 ha incoronato come ‘il più grande romanzo di tutti i tempi’.

La discussa ambientazione del teatro

Di questa nuova versione di Anna Karenina, diretta da Joe Wright, ciò che più ha sconvolto i tolstojani duri e puri è stata la scelta di Tom Stoppard di ambientare il tradimento più famoso della letteratura in un teatro: la ‘scandalosa’ storia d’amore fra Anna, perla della società pietroburghese e il conte Vronskij, affascinante ufficiale dell’esercito, si svolge quasi per intero fra il foyer, il palcoscenico, le balconate e i magazzini di un vero teatro.

Una pellicola che non stravolge il romanzo di Tolstoj

Nonostante le perplessità del pubblico, la licenza poetica di Stoppard funziona alla perfezione: ha saputo dare ad un classico che, in quasi cento anni, ha visto undici adattamenti cinematografici diversi, una visione originale, concentrando il grandioso affresco di Tolstoj in un film scorrevole, coerente, senza che i tagli (numerosi, a volte spietati, ma necessari) abbiano impoverito troppo l’essenza del romanzo. Dal punto di vista tecnico, l’effetto di ‘claustrofobia’ viene evitato grazie alle grandiose vedute della campagna russa su cui si spalancano le porte del teatro, paesaggi che citano continuamente quadri, soprattutto Monet (Anna che passeggia con l’ombrellino) e che sono valsi a Seamus McGarvey la candidatura all’Oscar per la miglior fotografia.

Cast: squadra che vince non si cambia

Joe Wright, che già si è cimentato con grandi classici come Orgoglio e Pregiudizio ed Espiazione, ha fatto il resto, con quella che si è dimostrata la sua prova di regia migliore fino ad oggi.
 Per la scelta del cast, squadra che vince non si cambia: Keira Knightley, per la terza volta protagonista di un film di Wright, eredita il ruolo che fu della Garbo e di Vivien Leigh, incarnando un’ Anna affascinante e inquieta, anche se verso la fine, indulge un po’ nella nevrosi in stile Sabina Spielrein, altro suo personaggio. Matthew McFayden, il Mr.Darcy di Orgoglio e Pregiudizio ora è irriconoscibile sotto i baffoni di Stiva Obloknsij, l’incallito seduttore che chiama la sorella Anna a Mosca, per aiutarlo a risolvere la sua crisi coniugale. Ironia della sorte, proprio durante il viaggio, Anna, sposatissima con il gelido ministro Karenin (un Jude Law piuttosto opaco) conoscerà il Conte Vronskij (che ha il fisico statuario e gli occhi blu di Aaron Taylor-Jhonson), e ben presto l’adulterio del fratello Stiva non sarà il solo a dover essere perdonato.

Gesti e sguardi fanno da contorno perfetto alla pellicola diretta da Joe Wright

La storia d’amore fra Anna e Vronskij e quella, parallela e opposta, fra il timido Levin e la virtuosa Kitty (il matrimonio che fa da contraltare al tradimento) sono narrate dalla sapiente regia di Wright in una coreografia ben ritmata. I personaggi si muovono quasi a passo di danza, ogni gesto si lega all’altro, in un gioco continuo di sguardi (magistrale la scena con i binocoli, alle corse di cavalli), di mani che si sfiorano, di porte che si aprono su ambienti che si creano e si disfano davanti agli occhi dello spettatore rapito.

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Particolarmente d’effetto sono i contrasti luminosi, l’uso del rallenty come nella scena del ballo, o nel tragico epilogo alla stazione ferroviaria, che isola drammaticamente i protagonisti fra immobili comparse. Il treno poi, vero fil rouge di tutta la storia, il treno con cui Anna entra ed esce di scena, non è altro che il trenino giocattolo di Serozha, che sul palcoscenico si trasforma e prende vita.
Ancora più sapiente è il sound editing, cioè l’uso dei suoni e dei rumori, che, insieme alla musica, hanno un ruolo espressivo fondamentale: il ventaglio diventa il battito del cuore in ansia, poi lo scalpitare degli zoccoli dei cavalli e ancora i pistoni del treno, che accompagnano lo scorrere della narrazione con il loro funesto presagio; molto d’effetto l’uso delle voci fuori campo e della musica ‘on screen’ che parte al gesto del direttore d’orchestra.

I rumori, ma anche i silenzi, come nella scena del ballo, o nella proposta di matrimonio ‘muta’ con i dadi da gioco: il perché scrivano in inglese anziché in russo, o al più in francese, non è chiaro, ma la poesia della scena ripaga i fan di Levin e Kitty delle sforbiciate selvagge alla loro storia d’amore. 
Peccato che Dario Marianelli (unica candidatura italiana agli Academy Awards) non abbia ricevuto l’Oscar per la colonna sonora.

locandina-anna-kareninaTre nominations, Oscar per i migliori costumi

Nomination in tre categorie, Anna Karenina porta a casa l’Oscar per i migliori costumi: la Knightley, che ormai siamo abituati a vedere in corsetto (in questo film letteralmente!), è un’ Anna elegantissima e sensuale, con le spalle scoperte, spesso velata e ricoperta di gioielli. I suoi abiti, creati da Jacqueline Durran, nel carnevale dei costumi variopinti delle comparse, non conoscono sfumature: per lei solo nero, come l’infausto destino che la attende, bianco splendente, o cremisi intenso, il colore della passione, quella passione proibita che tanto fece scandalo allora e tanto continua ad appassionare, un secolo e mezzo dopo.



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