Giovedi, 28 marzo 2024 - ORE:15:24

Vita di Pi: Ang Lee alla ricerca di Dio

Vita di Pi

Vita di Pi

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“Tutta la nostra vita è un atto di separazione, dobbiamo solo trovare il modo di darci il giusto addio!”

Vita di Pi, ultima fatica cinematografica del regista taiwanese Ang Lee, è una vera sorpresa, un sogno ad occhi aperti, una visionaria favola moderna. Tratto dall’omonimo romanzo di Yann Martel, racconta le straordinarie vicende di Piscine Molitor Patel, detto semplicemente Pi, un ragazzino come tanti dell’India francese, diverso però nella profonda sensibilità, nell’acuto occhio osservatore, che lo portano ad esplorare il mondo a volte in un modo che ad occhi esterni parrebbe strano, o contraddittorio. Addirittura, egli abbraccia in sé le tre principali religioni del Paese (Cristianesimo, Induismo e Islamismo) per riuscire ad arrivare fino a Dio e comprendere i suoi grandi misteri.

Il tema religioso

Questo, lanciato esplicitamente all’inizio ma sempre presente in sottofondo, sarà il tema principale di tutto il film, vero sforzo visionario di un ragazzo che non parla di religione o di ordini sacrali, ma va oltre, perché la sua fede è così pura e autentica che non ha paura di misurarsi con nulla, nemmeno con il vacillare di quella stessa.

Il tema del viaggio

Durante il naufragio della nave su cui viaggiava con i genitori, Pi riesce miracolosamente a salvarsi su una zattera insieme ad una zebra, un orango e una tigre del bengala. In seguito a vari incidenti, il ragazzo e la tigre (chiamata Richard Parker a causa di un disguido) rimangono soli sulla zattera, e da qui partirà il loro vero viaggio, materiale e metaforico, spirituale e fisico, in una commistione fra il romanzo di crescita e, come già menzionato, la favolistica.

Il tema della fede

E come in ogni buona favola che si rispetti, la storia che le fa da scheletro è quasi marginale, funzionale a reggere profondi significati ben più ambiziosi. Infatti ciò di cui il film veramente tratta, al di là della storia di un ragazzo diventato saggio, al di là di un naufragio, al di là della tigre metafora della sua intima anima, è Dio, è la fede di un uomo, unico conforto nei momenti difficili e mai abbandonata nonostante questi, ma anzi, grazie a questi mai stantia e sempre in evoluzione.

3d e immagini suggestive fanno da contorno perfetto

Il regista di Brokeback Mountain riesce a trasportare in questo viaggio onirico perfino lo spettatore più ancorato sulla sua sedia, anche e soprattutto grazie ad un uso sapiente e mai fastidioso del 3D, che in quest’opera, insieme all’Hugo Cabret di Scorsese, trova la sua maturità più completa.

Life of Pi

life-of-pi-imageAssistiamo a scene come quella delle meduse che illuminano magicamente l’intero oceano durante una scura notte, oppure quella in cui una balena salta la zattera su cui stanno i due inconsueti naufraghi in una cascata di luce, e capiamo perché questa pellicola abbia trionfato ai 3D Creative Arts Awards, tenutisi al Beverly Hills Hotel solo due giorni fa, aggiudicandosi tutti i maggiori premi fra cui Miglior film 3D e Miglior momento 3D dell’anno, proprio grazie a quest’ultima scena.

Lee si diverte a lavorare con la fantasia per eccesso, in un trionfo di immagini suggestive e quasi barocche che fanno traboccare l’immaginazione come se fossero quadri dipinti davanti al nostro naso. E al momento è stato uno dei pochi a riuscirci, facendo fare un vero salto di qualità all’intero film.

Vita di PiAffascinante ma non perfetto

Sebbene, come sempre nei suoi lavori, la storia sia affascinante e non banale, l’unico neo che possiamo trovare all’intero lungometraggio è purtroppo il suo impianto tutto ‘hollywoodiano’: quando si parla di temi metafisici quali Dio o la fede, Malik insegna, sarebbe ancora più importante lasciare il dovuto spazio di manovra allo spettatore; suggerire ma mai dichiarare quale sia il sogno e quale la realtà, di modo che ognuno si trovi stimolato a riflettere e riesca a trovare in sé le risposte e le motivazioni per ricavare una propria verità. La mania molto americana di dover sempre dire e spiegare tutto, mettendo barriere per separare nettamente le immagini da ciò che si deve imparare, finisce per stonare in un film che tratta tematiche tanto ambiziose, quasi il pubblico fosse un bambino a cui impartire una lezioncina.

11 Candidature all’Oscar

Ma è una nota marginale per un film colossale, che fa della fotografia, oltre che della tecnologia 3D, il suo vero punto di forza e che riesce in ogni caso ad emozionare, arrivando a proporre argomenti tanto favoleggianti senza renderli melensi, in un’epoca che del cinismo ha fatto il proprio pane quotidiano.

Insomma, una pellicola che ci voleva davvero, come certamente avranno pensato anche i membri dell’Academy che l’hanno nominato per ben 11 Oscar, in categorie quali miglior film, miglior regia, miglior sceneggiatura non originale e miglior fotografia.

Ora non resta che chiederci quali e quanti interrogativi questa pellicola abbia sollevato in noi, quanto ci abbia resi dubbiosi ma anche speranzosi, per capirne veramente il valore più profondo.



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