Sabato, 9 novembre 2024 - ORE:10:19

Principessa Mononoke: il capolavoro di Miyazaki di nuovo al cinema

principessa mononoke

principessa mononoke
E’ il 1997 quando nelle sale giapponesi esce  l’ennesimo film del maestro Hayao Miyazaki, il successo come sempre era scontato, ma nessuno ne avrebbe immaginato la portata.
Con 13, 5 milioni di spettatori in Giappone, Princess Mononoke (titolo originale) supera in pubblico ed incassi successi come E. T per venire scalzato nello stesso anno solo dal mastodontico Titanic di Cameron. La critica ne tesse immediatamente le lodi ed il film esce così dai confini del paese del Sol Levante confermando il successo ottenuto in patria. In Italia arriva in ritardo, come gran parte dei lavori giapponesi , sbarcando nel 2000 grazie alla Buena Vista Pictures (meglio tardi che mai). Alla fine l’incasso globale è di quasi 160 milioni di dollari e la pellicola si piazzerà al terzo posto tra i film più popolari del regista di Tokyo, preceduto da La città incantata ed Il castello errante di Howl.

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Dopo 17 anni ecco che ritorna nelle sale in una versione restaurata e corretta e pure con un nuovo doppiaggio. Forse si tratta di una mera mossa speculativa o forse si vuole davvero rendere omaggio ad un capolavoro dell’animazione, ma quello che è importante è che chi non ha potuto ancora godere di questo film adesso ha una nuova occasione. Ma ora bando alle ciance e riscopriamo assieme questo tesoro venuto dall’oriente.

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La trama del film “La principessa Mononoke”

Nel Giappone del periodo Muromachi il giovane principe Ashitaka della tribù Emishi è costretto ad abbattere la divinità cinghiale Nago, trasformato in un rabbioso demone a causa di una maledizione, per salvare il suo villaggio. Nello scontro però il guerriero entra in contatto con il mostro, restando marchiato anch’esso sul braccio dallo stesso maleficio. Esso dona al ragazzo una forza sovrumana ma allo stesso tempo si espande, consumandolo lentamente e provocandoli un tremendo dolore che presto o tardi lo porterà alla morte. La Saggia madre del villaggio non ha una cura per lui e l’unico consiglio che può dargli è “andare in contro al suo destino” viaggiando verso ovest, da dove è giunto il demone, per ricercare un qualche miracoloso rimedio. Ashitaka quindi senza indugio parte verso occidente con il suo fidato stambecco gigante Yakun.

Durante il suo peregrinare il principe salva alcuni contadini dall’attacco di un gruppo di samurai e poco dopo sostando in un villaggio fa la conoscenza del monaco errante Jigo. Egli dopo aver ascoltato la storia del ragazzo gli rivela che l’unico che potrebbe aiutarlo a guarire è il Dio della Foresta, una divinità che risiede su alcune montagne non molto lontane, abitate anche da giganteschi dei – animali. Il giovane dunque si muove rapidamente verso la misteriosa catena montuosa.

Giunto nei pressi di un fiume Ashitaka soccorre alcuni uomini della vicina Città del ferro, vittime dell’attacco di alcuni lupi giganti guidati dalla dea lupo Maro e riesce a scorgere sull’altra riva del corso d’acqua la famosa Principessa Mononoke (Principessa spettro), la ragazza allevata dai lupi di nome San. Per raggiungere più velocemente la città il principe non esita ad attraversare la Foresta Proibita, temuta da tutti gli uomini perchè abitata da vari spiriti tra cui i kodama, spiriti arborei, che invece fanno da guida al giovane verso la roccaforte.

Raggiunta infine la Città del Ferro Ashitaka viene accolto come un eroe per aver soccorso i feriti e fa così la conoscenza della signora del luogo, Lady Eboshi. Essa fondò un avamposto che in breve si trasformò in città, fondata sul lavoro del ferro per la costruzione di oggetti di ogni tipo, specializzandosi però nella produzione delle rivoluzionarie armi da fuoco. Il minerale però abbondava solo sulle vicine montagne abitate dagli spiriti che non gradivano l’intrusione dei coloni e ciò portò al sanguinoso conflitto tutt’ora in corso. La donna pur dimostrandosi spietata contro le divinità della foresta ha accolto con grande generosità nel suo dominio emarginati come schiave liberate o malati di lebbra che nessuno avrebbe mai aiutato, lasciando il giovane con molti dubbi.

Ashitaka è giunto li per cercare una cura per guarire dalla sua maledizione ma il destino ha in serbo un’impresa ben più grande per lui. L’imperatore infatti chiede a Ladya Eboshi di aiutarlo in un’impresa: recuperare la testa del dio della foresta, poichè pare che chi la possiede ottiene l’immortalità. In cambio lascerà la terra dove sorge la città totalmente in mano alla donna dato che in realtà tali terre appartengono a un nobile, Lord Asano. Ciò che nessuno sa è che terribili conseguenze seguirebbero a ciò. Ashitaka insieme alla principessa spettro San dovrà quindi intervenire per porre fine alla tremenda guerra che seguirà tra umani e spiriti. Il fallimento significherebbe la fine per entrambi i contendenti.

Principessa Mononoke è una storia sull’ecologia narrata come un mito della tradizione giapponese, ma definirlo solo così è veramente riduttivo. Miyazaki sfrutta tutta la bravura del suo Studio Ghibli per ottenere disegni e musiche che trascendono il semplice film d’animazione, creando un mondo che sembra così vivo che pare possibile percepire il calore elle fornaci, l’odore dei boschi, la pesantezza del ferro e la ruvidezza della corteccia degli alberi. Una meraviglia della tecnica per la vista e per l’udito che eccelle nei momenti concitati dei combattimenti come in quelli più puramente descrittivi e poetici, ora ancora più belli dopo il restauro.

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I temi del film

Tutto il film gira intorno al conflitto uomo/natura, che vede gli esseri umani spinti dalla cupidigia e dal desiderio di progresso, distruggere la bellezza primordiale del mondo, ma questo è solo il canovaccio. Come la trama  infatti i personaggi che abitano i film del regista di Tokyo non sono mai banali: c’è Ashitaka, principe guerriero dall’animo però pacifico, costretto a combattere per estirpare la sua maledizione. Segue poi San, ragazza allevata dai lupi, desiderosa di uccidere Lady Eboshi, responsabile della sofferenza degli spiriti, ma tormentata anche da un tragico dubbio: a quale mondo appartengo? Seguono poi tutti gli altri personaggi grandi e piccoli che posseggono un’infinità di sentimenti ed emozioni, tutti tremendamente veri nel loro essere spesso contraddittori. Va menzionato infine il design del Dio della Foresta: un cervo dal volto umano di giorno, simbolo di sintesi tra uomo e natura ed un gigante spettrale di notte, simbolo di silente potenza. Un essere che in se è sia vita che morte, che poteva nascere solo dalla fantasia del maestro giapponese.

Miyazaki non ci dice se mai ci sarà armonia tra l’uomo e la natura, lui si limita a dipingere un meraviglioso ciclo della vita fatto di amore, odio, vita, morte, vendetta e perdono. Chi non l’ha visto ora non ha più scusanti per non andare nelle sale approfittando della Settimana del Cinema!

Unica pecca? Il nuovo doppiaggio. Ce n’era davvero bisogno? Ma soprattutto, perché impuntarsi su una traduzione letterale per ottenere risultati tipo il “Dio Bestia”? Penso che ci siamo capiti.



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