Martedi, 23 aprile 2024 - ORE:12:12

Hollywood a Cannes, “Maps To The Stars”

maps to the star

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David Cronenberg torna sugli schermi di tutto il mondo con il preciso intento di dar fuoco ad Hollywood o, forse, all’intera industria cinematografica. Maps To The Stars è un film che il regista canadese ha avuto in mente per molti anni e che non è riuscito a liberarsi di quest’incertezza nonostante il cast eccezionale e l’accoglienza al Festival di Cannes.
La famiglia Weiss vive a Los Angeles e affronta il successo con i suoi alti e bassi. Il padre, Stafford, è uno terapeuta che ha guadagnato moltissimo con la pubblicazione di libri e con corsi interattivi di self-help. La madre, Christina, è al fianco del figlio Benjie, che a soli tredici anni è una star della tv e affronta la sua prima riabilitazione. Ma c’è anche un altro componente della famiglia, Agatha, che porta sulla pelle la risposta al mistero della sua scomparsa e che, grazie all’aiuto di un’attrice fallita, Havana, riuscirà a riavvicinarsi alla sua famiglia per “fare ammenda“.

Il dilemma

Sui social, tra i profili degli appassionati, è subito nata una discussione in merito al film. C’è chi sostiene che questo film sia una delusione e chi trova che questa nuova tappa dell’evoluzione della cinematografia di Cronenberg sia una svolta significativamente positiva.
Il problema non nasce dalle tematiche affrontate nel film, ma dal modo in cui il regista ha deciso di proporle al pubblico. Si parla di incesto (tra fratelli e tra figli/genitori),si parla di successo, si parla di crudeltà e di rabbia. Insomma, quasi nulla di nuovo per David, ma è la sceneggiatura articolata, anche se curata molto bene da Wagner, a rendere così introspettivo il film.
Dopo Cosmopolis Cronenberg torna ad esplorare la violenza sotto un punto etico, cercando di dissacrare tutti i miti legati ad Hollywood e alle celebrità. Pora alla luce la brutalità, l’ipocrisia e la follia che domina le vite di chi riesce ad apparire sempre nel migliore dei modi per poi agire nel peggiore.

Potremmo quindi dire che questo film è una critica, quasi una denuncia sprezzante, ma così facendo non valorizzeremmo a dovere il meticoloso lavoro compiuto da Wagner nel celare orrori in macabre metafore.
Il tema dell’incesto, più volte ripreso nel corso del film, è un riferimento, soprattutto nel caso di Havana, al cinema di Hollywood che continua a sfornare sequel e rivisitazioni, danneggiando la dignità del cinema che, tempo fa, ha faticato per conquistare una certa autonomia e una particolare attenzione.

Visivamente, invece, il film risulta ben diretto. La drammaticità che le riprese molto statiche hanno permesso di ricreare è stata accentuata notevolmente dalle ottime interpretazioni (soprattutto quella di John Cusack e Julianne Moore) e dalla fotografia eccezionale, di Peter Suschitzky, che ha reso possibili moltissime inquadrature che, senza la giusta luce e la perfetta angolazione, sarebbero risultate confusionali e poco pertinenti.

Ma, tornando per un momento alla staticità delle riprese, è impossibile non riflettere sull’intervento di Cronenberg su Kubrick:

Credo di essere un regista molto più intimo e personale di Kubrick, per questo trovo che Shining non sia un grande film. Non credo che lui abbia mai capito veramente il genere horror. Non credo abbia capito fino in fondo cosa stava facendo. Il libro era pieno di immagini forti e suggestive ma non credo che lui le abbia sentite veramente. È una cosa strana, ma sebbene sia considerato un artista e un cineasta di altissimo livello, credo che Kubrick fosse molto “commerciale”, in cerca di progetti che potessero ottenere le reazioni giuste e quindi potessero essere adeguatamente finanziati. Credo fosse davvero ossessionato da questa cosa, al contrario mio. O di altri registi come Bergman e Fellini

Risulta davvero difficile arrendersi al fatto che un grande come Cronenberg ne abbia detta una così grande sul più grande. Soprattutto visto che in Maps To The Stars utilizza la stessa staticità per intensificare le immagini e le situazioni, proprio come fece Stanley per il suo capolavoro horror The Shining.

Nonostante questa défaillance, bisogna ammettere che Cronenberg sia riuscito a portare sul grande schermo un ritratto impietoso, spietato ed irrisorio di Hollywood e della sua gente. Film come Maps To The Stars segnano le generazioni e hanno bisogno di molte più visioni per poter essere analizzati al meglio, ma hanno sempre quel retrogusto che dà la certezza a chiunque che si parlerà ancora di quei personaggi in quelle situazioni, nel bene e nel male.
Non consiste forse in questo la fama di un film?



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